Fisiologia dello stimolo vibratorio funzionale

La metodica delle vibrazioni ad aria funzionali è oggi nota ed accettata in riabilitazione neuro-muscolo-scheletrica grazie alla vasta letteratura scientifica disponibile ed in fervente aggiornamento, e all’osservazione di un’efficacia clinica in applicazioni molto differenti per eziopatogenesi.

Il percorso che ha portato a questo riconoscimento affonda le proprie radici in studi ultra-decennali, ed ha visto una notevole accelerazione grazie allo sviluppo di apparecchiature in grado di erogare appropriati stimoli vibratori.

Il Prof. Roberto Casale, scienziato tra i massimi esperti nello studio della terapia a vibrazioni ha aperto il programma del Prof Masiero di Padova “La terapia vibratoria in riabilitazione neuro-muscolo-scheletrica” al Congresso Simfer del 2015 con la relazione qui proposta “FISIOLOGIA DELLO STIMOLO VIBRATORIO MECCANO-SONORO”.

Qui sotto riportiamo la sintesi del razionale alla base della metodica, che illustra come il singolo meccanismo di azione dello stimolo vibratorio sia in grado di agire efficacemente in applicazioni così differenti grazie ad uno stimolo “codificato”: ne descrive i target (corpuscoli meccanorecettoriali), la caratteristica di indipendenza (segregazione sensoriale) dei percorsi sensoriali sia a livello nervoso, che midollare e soprattutto corticale e di integrazione sensori-motoria.

Grazie a tecnologie come Vibra 3.0 e Vibra GO gli studi effettuati negli anni seguenti hanno integrato le conoscenze sulle modalità di applicazione sia sul soggetto patologico che su quello sano, ed hanno evidenziato come uno stimolo vibratorio appropriato, con parametri in frequenza ed intensità definiti e stabili, giochi un ruolo chiave nell’attivazione sincrona dei recettori target.

Estratto da “La terapia vibratoria in riabilitazione neuro-muscolo-scheletrica” al Congresso Simfer del 2015
Roberto Casale
Habilita Care & Research Rehabilitation Hospitals – Zingonia (BG)

Cosa sono le vibrazioni

Le vibrazioni sono oscillazioni meccaniche generate da onde di pressione che si trasmettono attraverso corpi solidi.
L’oscillazione è il movimento che un punto mobile compie per ritornare alla posizione di partenza. Il tempo che intercorre tra due passaggi del punto mobile nel suo punto di partenza, è detto periodo (o ciclo).
Il numero di periodi al secondo costituisce la frequenza di una vibrazione ed è espressa in hertz (hz).
La definizione indica in modo chiaro che per identificare e definire uno stimolo vibratorio, e le sue possibili applicazioni cliniche, bisogna elicitarne le caratteristiche di frequenza e ampiezza di vibrazione.
A livello diagnostico lo stimolo vibratorio è utilizzato da sempre per la valutazione della pallestesia, così come la possibilità di utilizzare la vibrazione a scopo terapeutico risale alle osservazioni di Jean Martin Charcot che nella metà dell’ottocento, ne descrisse l’uso in alcune malattie neurologiche.

Benché quindi conosciuta ed utilizzata da sempre, lo stimolo vibratorio ha stentato ad affermarsi come terapia per la mancanza di adeguate apparecchiature.

Le apparecchiature a vibrazione

Attualmente le apparecchiature si possono differenziare per una erogazione di stimoli vibratori generalizzati (pedane vibranti) e per una erogazione dello stimolo localizzato (stimolatori meccano-acustici).
Oggigiorno mediante queste ultime apparecchiature le applicazioni della vibrazione meccano-sonora localizzata in riabilitazione si sono moltiplicate andando dal controllo della spasticità, al dolore; dal soggetto adulto al bambino; dalla sarcopenia dell’anziano alla applicazione nel soggetto sano performante.

Come e perché funziona

Come è possibile che una “singola” terapia possa dimostrarsi efficace in applicazioni così differenti per eziopatogenesi ed in cui ipotizzare un singolo meccanismo di azione è impossibile.
La risposta risiede nella stessa anatomia funzionale dello stimolo vibratorio.
Classicamente differenti frequenze di vibrazione inducono l’attivazione preferenziale di specifici corpuscoli meccanorecettoriali:

  1. meccanorecettori a rapido adattamento sensibili al movimento; sono essenzialmente distribuiti nel derma e corrispondono ai corpuscoli di Meissner;
  2. meccanorecettori ad adattamento lento, anch’essi localizzati nel derma e corri- spondenti ai dischi dì Merkel. Rispondono sia al movimento che alla intensità dello stimolo meccanico;
  3. corpuscoli del Pacini localizzati nel tessuto sottocutaneo. una riorganizzazione tas- sonomica dei meccanorecettori è stata proposta da Johansson e Vallbo (1984). In questa riclassificazione i corpuscoli di Meissner e Pacini vengono definiti come a rapido adattamento rispettiva- mente di primo (FA-1),e secondo tipo (FA-2), mentre quelli di Mekel vengono riclassificati come a lento adattamento di tipo primo (SA-1).

La percezione dello stimolo vibratorio dipende dalla attivazione in modo sincrono dei recettori.

L’intensità invece viene codificata dal numero complessivo di unità recettoriali (recettore e fibra nervosa a cui è collegato) attivate piuttosto che dalla frequenza di scarica del recettore.

La frequenza di scarica tipica di ogni recettore codifica invece la frequenza degli stimoli vibratori.
Da ciò si evince come, anche considerando la fisiologia classica, sia improprio parlare di “una vibrazione” ma sarebbe più corretto parlare di “stimoli vibratori” definendone poi la frequenza e la ampiezza o intensità.

Gli studi sulla vibrazione

Recentemente studi di neuroimaging hanno reso questo concetto fondamentale nella applicazione dello stimolo meccano-sonoro in terapia riabilitativa.

Questi studi hanno dimostrato come per lo stimolo vibratorio esista una sorta di “segregazione sensoriale” per cui stimoli vibratori di differente frequenza vengano veicolati separatamente lungo le varie fibre dei nervi periferici, mantengano una separazione anche a livello midollare e, cosa ancora più importante, che anche a livello della corteccia sensoriale e di integrazione sensori-motoria questa forma di segregazione venga mantenuta.
In altre parole differenti frequenze vibratorie attivano differenti pattern sia spinali che corticali.

Ancora più recentemente il nostro gruppo ha individuato aree di attivazione corticale a livello cerebellare omolaterale allo stimolo vibratorio, ponendo l’attenzione sul coinvolgimento delle strutture cerebellari nell’efficacia clinica quando abbinato all’esercizio terapeutico.
Questa segregazione e la attivazione di differenti pattern centrali sono alla base delle possibili e differenti forme di utilizzo terapeutico della vibrazione sia nel soggetto normale che in quello patologico.

Questa forma privilegiata di trasmissione apre prospettive per ulteriori applicazioni e ad oggi il nostro centro di ricerca è impegnato costantemente nel chiarire tutti gli aspetti del suo utilizzo quali la sede di applicazione per le varie patologie, la possibilità di applicazioni multiple, la durata del trattamento e ancora più importante la durata degli effetti terapeutici.
Quest’ultimo punto è di importanza pivotale in quanto ci potrà indicare quale sia effettivamente l’impatto sulla plasticità neuronale indotto dalla vibrazione non solo come trattamento riabilitativo ma anche come stimolo allenante.

doc allegato
Congresso Simfer 2015

Roberto Casale

Responsabile dell’Unità di Riabilitazione del dolore presso la Fondazione Salvatore Maugeri – Istituto Scientifico di Montescano, Pavia. Responsabile della Unità di Valutazione e Riabilitazione Alzheimer. Responsabile della Unità malattia di Parkinson e Disturbi del movimento, UO Riabilitazione Neuromotoria. Responsabile di struttura complessa (RUOC) del Servizio di Neurofisiopatologia. Dottore di Ricerca in Advanced Technology in Rehabi- litation Medicine, Università di Roma Tor Vergata.

Pubblicato il: 12 Luglio 2021